Ovviamente tutte queste sono delle domande piuttosto generiche, ma sarebbe errato e riduttivo dare una semplice risposta secca.
Purtroppo i fattori che rendono un capo di abbigliamento "inquinante" sono molteplici. Se si trattasse di una singola causa scatenante, basterebbe risolvere il problema alla radice e il gioco sarebbe fatto. Ma ahimè non è così, e bisogna cercare di rispondere a queste domande con molta attenzione, per poter fornire informazioni corrette e verificate , instradando le persone verso una scelta più sostenibile.
Cercheremo dunque di andare ad analizzare questi molteplici fattori, elencandoli in una sorta di classifica di incidenza, raggruppandoli in quelle che secondo noi sono le 3 cause principali.
Perché i vestiti inquinano?
1- Consumismo e Fast fashion
Eccoci davanti al grande mostro, quello del livello finale, quasi impossibile da sconfiggere. Purtroppo in questi ultimi 20 anni abbiamo assistito all'ascesa e successivamente al dominio incontrastato del Fast Fashion, e più in generale di una cultura e mentalità direzionate verso il consumismo estremo. Una delle cose più complesse da modificare sono infatti le abitudini di acquisto di una persona. Nel mondo di oggi lasciarsi andare a sfrenate sessioni di shopping all'interno di negozi Fast fashion è un'operazione all'ordine del giorno per molte persone. Vogliamo seguire le tendenze, indossare quel vestito che i nostri cari influencer sponsorizzano sui social e sopratutto vogliamo poterci cambiare spesso. A causa di questo tipo di mentalità un capo di abbigliamento "Fast fashion" viene indossato in media solamente 10 volte prima di essere gettato o abbandonato nell'armadio. Stiamo dunque parlando di veri e propri vestiti "usa e getta" che ,lasciati marcire in discarica o peggio ancora bruciati, inquinano la nostra aria e il nostro suolo. Tutto ciò è strettamente legato alla sovraproduzione di capi di abbigliamento , instaurata dai brand di Fast Fashion. Ogni settimana lanciano nuove collezioni e nuovi prodotti, ad un ritmo insostenibile per l'ambiente.
2- Tessuti e fibre
Sembra scontato dirlo, eppure moltissime persone ignorano o non sono a conoscenza del fatto che realizzare Tessuti e fibre per produrre capi di abbigliamento comporta un notevole sfruttamento ambientale. Basti pensare che il cotone, la fibra tessile naturale più utilizzata al mondo, richiede estreme quantità di acqua e di terreno per essere coltivato, sopratutto se parliamo di coltivazioni intensive causate dalla già citata sovraproduzione dei brand Fast Fashion. Per riuscire a tenere il ritmo, in modo tale da sfornare una nuova collezione a settimana, la coltivazione del cotone viene accelerata utilizzando sostanze chimiche nonché tossiche come pesticidi, insetticidi e fertilizzanti. Vi lascio solo immaginare gli effetti devastanti che queste sostanze causano nei confronti del suolo e dei corsi d'acqua adiacenti. Ma non finisce qui, perché il peggio del peggio accade durante la produzione di fibre sintetiche e dunque artificiali. Quest'ultime derivano tutte dal petrolio, e non è solo la loro realizzazione a causare danni irreparabili per l'ambiente ma anche la loro semplice esistenza nel tempo. Così come per la plastica, questi vestiti sintetici sono "per sempre", nel senso che non possono essere smaltiti in nessun modo in maniera naturale, se non attraverso l'incendio ( che causa appunto inquinamento dell'aria). Inoltre sono tra le principali cause di microplastiche presenti negli oceani, poiché dopo ogni loro lavaggio, rilasciano piccole particelle di plastica che dagli scarichi delle nostre lavatrici, finiscono direttamente nelle acque dei nostri mari ( e successivamente nello stomaco dei pesci che ci vivono).
3- Scarsa Qualità
Anche il discorso della qualità è strettamente collegato al "mostro finale" del Fast Fashion. Per poter vendere vestiti a basso costo, questi brand devono logicamente poterli acquistare a prezzi davvero ridotti dai loro fornitori/produttori, ed è per questo motivo che realizzano vestiti di scarsissima qualità. Quest'ultima è misurabile nell'abbigliamento in base alla capacità di resistere nel tempo di quello specifico capo.
Qualità = resistenza nel tempo, anzi entrando più nel dettaglio Qualità = numero di utilizzi. Un capo di scarsa qualità tenderà sempre a usurarsi nel breve tempo, non riuscendo a garantire un numero di utilizzi sufficiente, portando così il possessore a gettarlo e a doverne acquistare uno nuovo.
Come possiamo affrontare queste 3 macro-problematiche legate al settore dell'abbigliamento? Che cosa possiamo fare noi tutti in quanto acquirenti, per poter incidere meno a livello di inquinamento?
Per prima cosa bisognerebbe cambiare mentalità, cercando di evitare di acquistare in maniera compulsiva capi di abbigliamento che non ci sono utili. Dunque fare shopping solo se strettamente necessario. Dopodiché dovremmo smetterla di supportare i brand di Fast Fashion, optando per una scelta consapevole in modo tale da invertire questa dannata tendenza. Dovremmo scegliere brand sostenibili che realizzano sia articoli in fibre tessili organiche, coltivate in maniera naturale e responsabile, che in tessuti riciclati, donando nuova vita a materiali che altrimenti inquinerebbero l'ambiente. E infine dovremmo porre grandissima attenzione sulle qualità dei prodotti che acquistiamo, in modo tale che possano garantirci un'ottima resistenza e durabilità col passare degli anni.
Per andare avanti dovremmo paradossalmente guardare indietro, e tornare a vestirci come si faceva una volta, come facevano i nostri nonni e le generazioni passate , che custodivano gelosamente quei capi di abbigliamento di alta qualità che avevano acquistato un decennio prima, ma che con fierezza indossavano ancora nel loro presente.